8) "LA MILANO DIPINTA" - LUCA FOLTRAN | LENTATE SUL SEVESO (MI)

Giornata di festa nella città che non dorme mai.

Milano, la città in continuo movimento, dalle prime ore dell'alba, quando i primi raggi rosa di sole si infilano negli occhi appena aperti della gente diretta agli uffici e degli studenti verso le università, fino a notte fonda, quando la città è illuminata a giorno dalle insegne al neon dei locali e gruppi di ragazzi urlano ancora con una bottiglia in mano seduti sui gradini di una chiesa. Dopo lunghi anni trascorsi viaggiando per l'Europa, Parigi, Londra, Madrid, ora mi ritrovavo nella città italiana che più mi incuriosiva. Per le molteplici etnie, le mastodontiche costruzioni, per i suoi contrasti. Accanto ad automobili costosissime, locali da mille e una notte, potevi notare artisti girovaghi con la faccia dipinta a festa, suonatori, pittori, imprenditori improvvisati di sé stessi che si trascinavano per i vagoni del metrò cercando di superare il frastuono infernale delle carrozze con la musica del proprio violino.

Guardai il Naviglio che scorreva a pochi metri da me, riuscivo a vederlo nei rari spazi tra le bancarelle che si estendevano a perdita d'occhio per l'intera via in cui mi trovavo. Sui banchi erano stesi gioielli, poco più che bigiotteria, statuette in legno realizzate con meticolosa precisione, libri di ogni genere, fumetti d'altri tempi... (segue - totale battute: 12089)

[scarica l'intero racconto in formato PDF]




[ 31 May, 2010 ] • [ eureka ]

12) "LA SPONDA DEL NAVIGLIO" - LUCA FOLTRAN | LENTATE SUL SEVESO (MI)

Ore 5.30 del mattino.
Come ogni giorno aspetto il furgone bianco con la scritta rossa “on the road” che dovrebbe passare a prendermi. Dico “dovrebbe” in quanto per la gente come me, attaccata al nulla, si tratta di una speranza. Come dice Gino, il capomastro, a volte ne bastano cinque, altre ne servono almeno il doppio. Ed io aspetto appoggiato al muretto che delimita il Naviglio, sperando di vedere apparire in lontananza il furgone carico di immigrati diretti al prossimo cantiere. Un paio d'ore, fino alle otto, poi se non sarò tra i prescelti di oggi mi dirigerò più in là, a far compagnia ad Aisha mentre cerca di vendere qualcuno dei suoi prodotti allineati sul telo sporco della bancarella. Per noi immigrati, qui a Milano, la vita è questa.

Il freddo pungente del mattino si fa sentire anche attraverso il cappotto logoro che ho comprato a buon prezzo da un cinese,spacciandomelo per lana. Nessuna etichetta per controllare, solo una questione di fiducia tra chi compra e chi vende e ancora una volta ho scelto male, qui il vento passa, come se indossassi una maglietta di carta... (segue - totale battute: 3993)

[scarica l'intero racconto in formato PDF]




[ 12 July, 2010 ] • [ eureka ]

13) "LO SGUARDO LIRICO DI ALDA MERINI NELLE ANTICHE ACQUE DEI NAVIGLI" - BARBARA PIAZZA | BERGAMO

L’acqua del naviglio aveva il profumo denso della sua pelle solcata dal flusso sinuoso della corrente. Il tempo aveva ancorato le sue radici tra i canali oscuri, allontanando lo smog metropolitano con matasse d’erba dall’aspetto stravagante che approdavano in superficie come zattere di un mondo rurale calpestato dalla modernità. Quei grovigli erbosi roteavano sotto i suoi occhi affacciati ad uno dei ponti del Naviglio Grande, subito dopo la Darsena di Porta Ticinese, dove lo sguardo si spalancava sull’antico orizzonte per scomparire tra i riflessi argentati delle onde, smosse appena dal passaggio di qualche battello o da improvvise raffiche tumultuose.

Da quella prospettiva, proprio in quel punto strategico che aveva su di lei l’effetto ipnotico di un lontano richiamo, assorbiva il vento della campagna circostante, respirandola a pieni polmoni.

In quel tardo pomeriggio di fine estate, la sua mente richiamava a sé i campi di granturco e di fieno dorato della vicina periferia milanese. Le acque dei canali penetravano nel cuore della città con il loro flusso inarrestabile, lento ma costante, come a disvelare il mistero del tempo.

In quel movimento, viaggiavano le sue memorie, mentre gridava con l’anima:

Sono il poeta che canta e non trova parole/ sono la paglia arida sopra cui batte il suono…”.

Era il ricordo di Milano quando appariva ancora a misura d’uomo; nei suoi occhi quelle immagini luccicavano tra gli antichi bagliori, mescolandosi al profumo della terra e lei avrebbe voluto restituire ai milanesi l’essenza vitale delle sue emozioni rivolgendo alla più recente generazione il proprio monito:

“Tu ragazza… bella ridente e giovane/ con il tuo ventre scoperto/ e una medaglia d’oro/ sull’ombelico… che scorri inconsapevole tra le mode del tempo alla ricerca di un banale happy hour nella tua città straniera, questa è… Milano, quella che tu non conosci e non vedrai mai come l’hanno vista i miei occhi”... (segue - totale battute: 15179)

[scarica l'intero racconto in formato PDF]




[ 14 July, 2010 ] • [ eureka ]

30) "DA LOS ANGELES A MILANO" - DARIA. D. MORELLI | MILANO

Era il primo viaggio che faceva a Milano, la città dove era nato il nonno.

Veniva da Los Angeles, dove lui era emigrato all’inizio del secolo. Faceva il carpentiere alla MGM e si era sposato, dopo poco, con una bellissima ragazza incontrata sulla spiaggia di Venice.

Il figlio, aveva seguito le orme del padre, lavorando alla famosa casa di produzione cinematografica, ma come sceneggiatore.

Nella città dei sogni di celluloide era nata e cresciuta anche lei, ed era, quasi inevitabilmente, diventata attrice, come la madre.

Aveva messo da parte i soldi del viaggio e finalmente era riuscita a trovare un volo non troppo costoso, durante le festività dei morti.

Il nonno aveva espresso la volontà di essere sepolto nella sua Milano, e ora lei desiderava, dopo molti anni dalla sua morte, deporre dei fiori sulla sua tomba, al Cimitero Monumentale.

Arrivò all’albergo prenotato attraverso internet e che aveva scelto perché portava lo stesso nome del nonno: Guido. Sarebbe stata meno sola in una città dove non conosceva nessuno, ma che, stranamente, sentiva già familiare e accogliente. Provò immediatamente un amore per tutto quello che la circondava, e il suo italiano un po’ stentato, non era certo un ostacolo in questa città così cosmopolita ... (segue - totale battute: 9917)

[scarica l'intero racconto in formato PDF]




[ 31 October, 2010 ] • [ eureka ]

35) "SCHERZI DEL DESTINO" - ANDREA MONGILARDI | PESCHIERA BORROMEO (MI)

Dieci letti diversi ogni mese. Anna si era divertita a fare questo curioso calcolo, frutto della sua frenetica vita di manager con la valigia, che da ormai tre anni la portava in giro per l’Europa. Non passava settimana senza che si infilasse su un aereo e finisse a dormire in qualche bell’albergo. Non che non le piacesse. Al contrario. Era fiera di sé e contentissima del suo lavoro. E amava terribilmente rimpinguare ogni volta il suo prezioso diario di viaggio con le annotazioni sui luoghi dove andava a dormire. Li sceglieva sempre di persona, con cura. Evitando quei grandi alberghi tutti uguali e andando alla scoperta di piccole strutture di grande personalità, dove potesse davvero sentirsi un po’ a casa, in un posto raccolto e accogliente.

È che, da qualche tempo, il fatto che quei letti fossero sempre vuoti le pesava terribilmente. Erano oramai un paio di mesi che aveva invitato Paolo a uscire dalla sua casa e dalla sua vita. «Domani parto per Milano - aveva detto perentoria -. Mercoledì, quando torno, non voglio vedere più né te né le tue cose».

Lui, in silenzio, aveva ubbidito al diktat. Era una persona troppo intelligente per non capire che quando una donna arriva a quel punto, non c’è più discussione che tenga. Mica che fosse contento. Al contrario: aveva il cuore spezzato... (segue - totale battute: 7814)

[scarica l'intero racconto in formato PDF]




[ 23 November, 2010 ] • [ eureka ]

48) "L'ANTICA VOCE DEGLI OMENONI" - BARBARA PIAZZA | BERGAMO

  "Dopo tutto questo tempo ci conviene arrenderci all'evidenza", disse una voce, la prima tra le otto.

"Non dovresti accettare una visione così catastrofica. Meglio analizzare con calma la situazione", specificò la seconda.

"Sono stanco di stare a braccia conserte e di farmi corrodere dall'umidità mentre il mondo fuori va a rotoli. Mi è venuto un gran mal di schiena, specialmente di questi tempi ...", borbottò un'altra voce.

"Io mi sto abituando a questa fastidiosa realtà e devo dire che non è poi così impossibile... abituarsi a tutto, intendo...", asserì un'altra voce ancora.

 "Non dovremmo perdere di vista il buon senso per essere utili al futuro dell'umanità", precisò la quinta voce.

"Ah ah... umanità...che parolone da filosofi! Non dirmi che credi ancora nell'umanità. Alla fine, è sempre la stessa storia: corse... stress... stress... corse... così è la sorte dell'essere umano. Una volta sì che era diverso...", sostenne la sesta voce.

" E perché mai, secondo te, abbiamo un aspetto così mastodontico? Solo perché pensiamo di essere megalomani?" intervenne decisa la penultima voce.

"Dovremmo cercare di riconoscerci di più nella nostra costituzione robusta unita ad uno spirito alquanto determinato. In fondo, è anche questo un dono di natura...", esortò infine l'ottava e ultima voce.

"Una natura un po' appassita, ultimamente... Speriamo di non crollare anche noi come Pompei. Sai com'è: oggi ci sei e domani... chissà... ", disse di nuovo la voce iniziale... (segue - totale battute: 17414)

[scarica l'intero racconto in formato PDF]




[ 18 January, 2011 ] • [ eureka ]

50) "OSCURE VERITA'" - ANNACARLOTTA BIFFI | SAN GIORGIO DI BIASSONO (MB)

“Tenga il resto!” urlò Ludovica scendendo dal taxi mentre stringeva in una mano la sua borsa Louis Vuitton rossa e nell’altra un piccolo pacchetto tenuto insieme da uno spago. “Grazie signorina…” replicò il tassista, ma non fece in tempo a finire la frase che la ragazza aveva già sbattuto la portiera e si era messa a correre sul ciottolato fino al marciapiede cercando di non incastrare i suoi lunghi tacchi neri nei binari del tram. Quella sera pioveva a dirotto, ma anche con quel tempo londinese amava lo stesso Milano. Finalmente era arrivata al suo Hotel, tutte le volte che si recava a Milano andava all’Hotel Spadari al Duomo. Ormai si sentiva a casa lì anche se in tanti anni non aveva mai scambiato molte parole con chi vi lavorava se non i classici buongiorno e grazie. “Buonasera sig.na Ferri!” disse con tono cortese l’usciere all’ingresso spalancandole la porta. Lei entrò e ricambiando il saluto con un fugace sorriso, si diresse veloce all’ascensore. Era stanca e aveva voglia di sdraiarsi... (segue - totale battute: 18210)

[scarica l'intero racconto in formato PDF]




[ 02 February, 2011 ] • [ eureka ]