Occhieggiante. Prima come fruscio di fronde lontane, poi un sibilo sempre meno gridato dalla bocca metallica di pochi centimetri di diametro, che si era progressivamente zittita pur rimanendo spalancata. Una curva lunghissima, il cui arco d’oro e d’acciaio aveva illuminato tutta la città per quella che non poteva essere stata che una frazione di secondo. Ma allora perché ai pochi innamorati superstiti, avvinghiati sulle panchine di viale Murata, era sembrata l’interminabile coda dell’occhio di una stella cometa risucchiata da una finestra al quinto piano dell’Hotel Miló?
[continua...]

 




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