76) "L'AGGUATO" - PAOLO DELPINO | MILANO

Sirio Marri richiuse la porta del motel dietro di sé e rabbrividì. Proprio la giornata giusta per un appuntamento in quel posto dimenticato da Dio... e, come questo se non fosse bastato, c’era una dannata bufera, là fuori. Fortuna che aveva le gomme da neve. Per Antonio Francia, il boss, non esistevano giorni speciali: il lavoro veniva prima di tutto, o, per meglio dire, c’era solo il lavoro. Vero che fin lì tutto era filato per il verso giusto, e Sirio vi aveva avuto il suo tornaconto. Francia non aveva scrupoli: pochi affari, combinati bene, con le persone giuste e al momento giusto. E Marri aveva il compito di curare la parte finanziaria. Francia era un intermediario, non certo di mezza tacca, visto che a lui si rivolgevano non solo malavitosi di rango, ma anche persone insospettabili: in una parola, i padroni della città. Fare e disfare società, manovrare il denaro lungo le autostrade elettroniche, cancellare le tracce delle transazioni, erano attività in cui egli non aveva rivali. Le uniche tracce restavano nel portatile di Sirio. Da un po’ di tempo, però, Marri aveva prima iniziato a riflettere, poi a coltivare dubbi... (segue - totale battute: 15746)

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[ 31 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

73) "SIGNOR D" - LUCA FOLTRAN | LENTATE SUL SEVESO (MI)

Ringraziò il portiere dell’hotel mentre ritirava le chiavi. 406 questa volta. Era già stato in quel posto anni addietro, aveva prodotto una delle sue opere migliori, tinte acquarello. Sorrise e ringraziando nuovamente afferrò la scura valigia in pelle compagna di migliaia di altri viaggi. Attese con calma l’ascensore osservando la scena attorno a lui. Una giovane coppia, impegnata a programmare le escursioni dei giorni successivi tra cartine e opuscoli promozionali, occupava il tavolo accanto alla reception scherzando su chi si sarebbe affaticato prima. Pensò che non erano ancora sposati, troppo giovani per esserlo. Poi la ragazza baciò il fidanzato sulla fronte. Il signor D sorrise. Sarebbero andati alle cascate l’indomani mattina, partendo all’alba, su questo il signor D non aveva alcun dubbio. Le porte dell’ascensore si aprirono di fronte a lui. Parecchi i cambiamenti da quando era stato all’hotel l’ultima volta... (segue - totale battute: 7693)

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[ 28 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

71) "L'ALBERGO PERFETTO" - CLAUDIO FOTI | ROMA

“Porta le valige in stanza, Vincent, e in fretta!” Disse la signora Godoi al figlio che, appena arrivato in albergo, si era già sdraiato sul divano davanti alla reception. Ma prima che il sedicenne avesse la possibilità di alzarsi, un mini robot, che fino ad allora se ne era stato inerte vicino al muro, si mosse, afferrò le tre valige e si affrettò a salire le scale. “Grazie ehm… come ti chiami?” Domandò Vincent. “N° 127, al suo servizio!” Rispose quello con voce metallica. “Io preferirei chiamarti per nome, veramente. Che te ne pare di Adamo?” “Adamo al suo servizio, signorino Vincent!” Ripeté prontamente il robottino, mentre Vincent ridacchiava sommessamente. Nella hall la signora Godoi faceva mille complimenti all’architetto dell’albergo, Giuseppe Gelemen, Vincent la osservò poi spostò lo sguardo sulla grande e prestigiosa costruzione che la sua famiglia aveva appena comprato: tutto era illuminato da una luce giallo-ocra che dava una sensazione vintage a quell’hotel più che moderno; grandi specchi ovali bordati da cornici dorate e argentate erano presenti in tutte le spaziose stanze, primule e rose fresche, preziosi e colorati vasi cinesi e tappeti persiani. Le finestre, ornate da tende di pizzo cangianti di colore, si aprivano su uno dei più bei quartieri della città, costituito da ville imponenti e traboccante di verde. Proprio dietro l’albergo, si trovava la dependance, una villetta, abitata da una famiglia che, si occupava delle pulizie e del catering dell’hotel. Simpatici e amichevoli... (segue - totale battute: 19993)

 

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[ 25 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

69) "VAPORE" - DANIELA BOARINO | TORINO

Avvolta nel soffice accappatoio e con i capelli trattenuti dal telo di spugna, la donna si era sdraiata sulla panca di piastrelle color bronzo. Non c'era nessuno in quella penombra umida, era sola. Sapeva che là dentro, in quel silenzio, avrebbe potuto piangere senza doversi giustificare con nessuno, nemmeno con se stessa. Avrebbe potuto confrontarsi con la sua disperazione liberamente, senza vergogna. Negli ultimi tempi lo aveva fatto anche altre volte, tante altre volte. La Spa dell’hotel più esclusivo della città si trovava a due passi da casa sua, in Via dell’Arcivescovado. Ci poteva andare a piedi, senza prendere l’auto. Non doveva preoccuparsi di portare né asciugamani né bagnoschiuma né altro. Le veniva fornito tutto e poteva arrivare lì a qualsiasi ora perché rimaneva sempre aperta... (segue - totale battute: 3054)

 

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[ 25 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

68) "LUCI SOFFUSE" - ANNA MARIA MARCANTONI | RIMINI

Entrata elegante, sontuosa. In mezzo alla sala una carrozza “Luigi Quindici” dava l’idea della imponenza dell’hotel. Luci soffuse provenienti da lampade antiche, nascoste fra piante esotiche cadenti, come la cascata d’acqua che scendeva dalla parete di roccia, l’allegro e rigoglioso cadere scaturiva una voglia pazzesca di un tuffo fuori luogo. Il Profumo d'essenze, sprigionate dalle svariate qualità di fiori armoniosamente disposti in ogni angolo, era piacevole. C’era aria di pulito, di fresco, come le mele di colore rosso brillante che facevano bella mostra nel vassoio posto su di un tavolino multietnico, a fianco dell’ascensore che portava direttamente alla Suite. La visione del frutto sollecitava le papille gustative di lei... Cosa c’era di meglio che assaggiare l’invitante pomo? Addentò con avidità, mista alla rabbia, la polpa bianca e saporita, apprezzandone la qualità come apprezzava quel che provava per il suo uomo. Qualsiasi fosse il motivo di quel viaggio era meglio rinfrescarsi le idee e la bocca, poi avrebbe chiarito con calma la posizione col suo compagno... Gli avrebbe confessato che lei era innamorata di un altro. Aveva accettato l’invito di quel viaggio con l’intenzione di parlargli apertamente di questo... con la speranza di non litigare troppo, come succedeva invece a casa loro, che non arrivavano mai alla chiarificazione... per le urla con le quali ognuno esponeva le proprie incomprensioni, finivano con uno sbattere di porte... e tutto rimaneva sospeso…. Lì... in quell’albergo, non sarebbe andata così ... (segue - totale battute: 7674)

 

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[ 22 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

66) "UOMINI CON LA VALIGIA" - LUIGI CHIAPPA | MILANO

Vivo in albergo. Non è una scelta di vita, è necessità. Già, perché viaggio per lavoro. La chiamano trasferta, io ci aggiungo permanente. Diciamocelo, noi siamo sempre in viaggio, uomini con la valigia. A poco a poco ci accorgiamo di non avere più una casa, perché ne abbiamo tante. Siamo dei marinai, ad ogni porto ci attende qualcuno. Arriviamo in albergo, e sbirciamo da lontano se c’è quella receptionist carina. Maledizione, c’è in giro il suo collega. Quell’antipatico che l’ultima volta sosteneva che avevo mangiato le patatine del frigo bar, chissà perché poi. Mi saluta con deferenza, “Ingegnere”, del resto sono qui almeno due volte al mese. Mi informa che è stato apportato un cambiamento al modulo di registrazione, così mi tocca compilarlo da capo. Almeno a questa fatica corrispondesse l’eccitazione di entrare in un albergo nuovo. Riempio, firmo e controfirmo. Chiamo l’ascensore, coltivando nel cuore la speranza che ci metta moltissimo ad arrivare. Già perché dopo il sottoscritto si è presentata alla reception una ragazza carinissima, proprio non mi dispiacerebbe farci due chiacchiere. Che mi potrebbero garantire la possibilità di sedermi al suo tavolo per colazione... (segue - totale battute: 7204)

 

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[ 19 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

63) "COINCIDENZE" - SIMONA SANTARCANGELO | MILANO

L’Estate del 2001 fu diversa da quelle trascorse precedentemente. Tutto iniziò per puro caso, si potrebbe dire per volere del destino, poiché l’Hotel “Violetta” non faceva parte dei miei programmi. Avrei dovuto viaggiare tranquillamente con la mia fedele Lancia , qualche pacchetto di sigarette e un cd di Vasco per farmi compagnia. Solo 3 ore di viaggio e mi sarei goduto la meritata vacanza insieme ai miei cari vecchi amici. Ogni anno sempre la stessa routine : grigliate,partite a calcetto, serate al bar, torneo di scopone scientifico . Nulla di così esaltante, ma la voglia ti ritrovarsi e stare tutti insieme senza pensieri e senza preoccupazioni era talmente forte che ci sarebbe bastato poco per essere felici. Così ogni anno percorrevo per 3 ore l’autostrada, coi finestrini abbassati e l’aria che mi rinfrescava il volto. Ogni anno tranne quello. Invece della sdraio sotto al porticato della casa di montagna mi ritrovai su un letto in una stanza di 50 cm quadri. Con le mani incrociate dietro la testa mi misi a fissare il soffitto per minuti interminabili. Avrei dovuto aspettare l’indomani per poter cambiare la ruota, visto che la domenica, in quel paese, tutti i servizi erano chiusi. Alla reception mi aveva accolto un’anziana signora che, molto gentilmente,( per quanto il suo sguardo cupo e malinconico potesse mostrare gentilezza) mi aveva permesso di pernottare in attesa della riparazione... (segue - totale battute: 9159)

 

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[ 04 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

62) "STANZA MORTALE" - ALESSANDRA MOSCA PROIETTI | TERNI

Molte volte ho detto a me stessa, “morirei per soggiornare almeno un giorno in un albergo di lusso” ed ora che c’ero dentro, avrei preferito dormire in una tenda da campeggio, ma viva e vegeta. La hall dell’albergo era poco arieggiata e tutto intorno si respirava un odore di vecchio. Gentilmente un alto signore, (sicuramente il facchino), magro e trasandato, mi accompagnò fino alla camera e mi consegnò con le sue mani scarnite la chiave. Inserì quest’ultima nella serratura arrugginita e dopo uno strano rumore, come se avessi azionato chissà quale meccanismo, entrai all’interno. La stanza era molto piccola, ma al quanto tetra. La carta da parati era di un colore viola scuro, come se fosse un periodo d’avvento. Appesi alla parete, potevo notare non certo paesaggi montani o marini, ma volti poco allegri di gente cadaverica o per lo meno priva di trucco. Il battiscopa che delimitava l’ambiente, ogni tre metri era interrotto da grosse tane di topi, i quali tranquillamente girovagavano per la stanza. Il pavimento dove poggiavo i piedi, era di mattonelle a forma di ragnatela e in tinta con un enorme finto ragno nero. Quest'ultimo fungeva da lampadario, con dalle molteplici zampe, che sorreggevano a loro volta delle vecchie e consumate candele. Il soffitto era di un colore rosso scuro, con incisi simboli indecifrabili. Il letto era quello di un fachiro, con base di chiodi, ricoperto da delle lenzuola di seta nera e privo di cuscino. Adiacente a quest’ultimo vi era un comodino con un telecomando, dove i tasti erano fatti di denti umani, anche se nella stanza, non vi era nessuna televisione. Poi sempre adagiato sul mobiletto, per chi avesse avuto voglia di fumare o in questo contesto, smettere di farlo, poteva trovare aiuto, con un posa cenere con la forma di mano scheletrica. L’armadio per riporre i bagagli, era fatto di legno di frassino, ormai vecchio e cigolante a forma di bara, con uno specchio che non rifletteva neanche un pezzo del mio corpo e che mi faceva sentire per un attimo un vampiro... (segue - totale battute: 6849)

 

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[ 04 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]